A differenza delle altre raffigurazioni di Ercole, il semidio dalla forza ineguale, in questa composizione con la sua espressione dolce e le gesta paterne, potrebbe essere visto come la figura cristiana di San Giuseppe mentre regge fra le braccia Gesù Bambino.
Se di per sé la minuzia con cui è stata realizzata la cassa permette all’osservatore di assistere a questo singolare momento quasi intimo, fra Ercole e il figlio Telefo, dove un gioco di delicate espressioni e gesti rende più viva la scena, l’insieme è ancor più esaltato dai grappoli d’uva, quali quali simbolo di vita, di pace e di abbondanza, che coronano il capo delle due figure e abbracciano il tronco d’albero in cui è collocato il meccanismo dell’orologio.

Raggiunta la Tegea, l’eroe Ercole ospitato dal Re Aleo dopo i banchetti in suo onore senza conoscere la vera identità di Auge, sacerdotessa di Atena e figlia del Re, ebbe con lei un rapporto amoroso dalla cui unione nacque un bambino. Nascosto nel Tempio della Dea, il re Aleo lo trovò per caso mentre vi venne a pregare in cerca di aiuto contro la pestilenza che attanagliava la sua città. Preso l’infante ed esposto sul monte Paternio una cerva lo allattò permettendo al piccolo di sopravvivere. Trovato in seguito da alcuni pastori, egli venne consegnato al re Corito per essere chiamato Telefo, in onore della cerva che lo aveva allattato.
Da lì in poi, la storia di Telefo lo porterà a divenire un importante figura nella mitologia greca, tanto da entrare a far parte nella leggendaria guerra di Troia.